Palermo. Nell’attesissimo discorso alla Città – in occasione della processione del reliquiario di Santa Rosalia – l’Arcivescovo di Palermo non delude le aspettative. In un articolato discorso, raccolto in nove cartelle, monsignor Corrado Lorefice ripercorre alcuni momenti del nostro tempo segnati dall’inquietudine e dall’emergenza, definendoli – senza inutili giri di parole – una catastrofe contemporanea, “un diluvio opprimente, che sommerge e affoga: il diluvio della costruzione da parte dell’uomo di un sistema economico planetario che schiaccia i poveri e ferisce la natura; [il diluvio] di un gioco di relazioni segnate dalla separatezza, dalla diffidenza, dall’esclusione del diverso, dell’altro, comunque lo si voglia configurare; [il diluvio] di una Chiesa che fatica a sintonizzarsi sulla linea d’onda del Vangelo, trasmessaci dal Santo Padre e contrastata da messaggi e comportamenti divisivi e aspramente aggressivi”.
Lorefice invita i palermitani ad uscire “dalla folla, dalla sua indistinzione, dalla sua comodità; tirarci fuori dalla calca che giudica rozzamente, che segue il puro istinto e l’immediata convenienza; sottrarci alla frotta che urla sui social ed è pronta a raccogliere i messaggi qualunquistici di conflitto aperto e di violenza”.
Rosalia è immagine di una fede responsabile e coraggiosa, seguirne le orme – precisa Lorefice – vuol dire affrontare con coraggio tutta quanta la realtà, lontani dalle strategie di potere. «Non possiamo essere donne e uomini del “si salvi chi può”, donne e uomini che mancano al loro stesso essere, trascinati dall’indifferenza, dalla preoccupazione per sé stessi, secondo la spietata massima: “prima noi!”.
La voce dell’Arcivescovo, autorevole e appassionata, raggiunge le migliaia di fedeli, le autorità civili e militari presenti, una voce interrotta più volte da fragorosi applausi. Poi – dopo quella del “diluvio” – l’immagine dell’«arca» che il Presule invita a costruire, perché diventi casa capace di custodire le diverse realtà del creato.