Godrano ricorda la figura del Beato Pino Puglisi

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Godrano ricorda la figura del Beato Pino Puglisi

Godrano (Pa). A settembre, nel cuore della vita spirituale e comunitaria di Godrano, un piccolo amabile paese di montagna, sperso nei verdi e nei gialli declivi della Sicilia più inesplorata e bella, verrà inaugurato e aperto al pubblico un prezioso museo dedicato alla figura e alla vita di Padre Pino Puglisi, sacerdote e martire, che, proprio in questo riposto lembo della sua amata terra, visse e operò negli anni’ 70, lasciando già allora un segno forte della sua tempra e della sua inamovibile fede in Dio e, soprattutto, negli uomini, che proprio di questo Dio sono il naturale riverbero, la prova della sua più intima e benevola parvenza.
Padre Puglisi giunse a Godrano come uno strale meravigliosamente proteso tra cielo e terra, come un pioniere docile ed entusiasta, come un convinto assertore e scalzo interprete della nuova strada che la Chiesa, a seguito delle direttive del Concilio Vaticano II, qualche anno prima, aveva deciso di percorrere.
Era il 1° ottobre del 1970 quando questo sacerdote raggiunse il paese, ci riferisce Lia Caldarella, che allora, come tante altre persone che abbiamo incontrato e che, ancora oggi, conservano un ricordo vivido di padre Puglisi, era solo una bambina.
Il suo predecessore stava preparandosi per lasciare la parrocchia ed egli si presentò con un “grandissimo carico di libri, qualche mobile, ma soprattutto libri”.
In verità, quella, ci dice sempre Lia, non era la prima volta che padre Puglisi valicava i confini di Godrano.
Invitato da alcuni suoi alunni, aveva già avuto modo di recarvisi e di saggiarne la realtà e quando la parrocchia rimase vacante, non esitò, dopo il rifiuto di molti altri sacerdoti, a prendersene carico.
Fin da subito cercò di studiare il territorio e i suoi abitanti, per individuarne valori e necessità, per comprendere cosa c’era da fare e da dove iniziare.
La chiesa era inagibile e per molto tempo la messa fu celebrata in un modesto e accogliente salone.
La canonica era grande, fredda, e padre Puglisi fece di tutto per adattarsi e per renderla confortevole.
La aprì a tutto il paese e in particolare ai bambini, cattolici e protestanti, senza distinzione alcuna.
La messa, prima celebrata in latino, cominciò in quello stesso periodo ad essere officiata in italiano e padre Puglisi si adoperò affinché tutti, mediante gli appositi libretti, potessero seguirla e parteciparvi.

Invitò anche i parrocchiani che nel corso della stessa erano soliti recitare il rosario, perché, non conoscendo il latino, non ne comprendevano le parole, a modificare questa loro abitudine e ad unirsi agli altri.
Rinnovò omelie e canti, e poi le processioni in onore del Santo Patrono, che, private di ogni fasto, di ogni superfluo complemento, di ogni atto di ostentata e interessata generosità, divennero semplici, essenziali, sinceramente vissute nel cadenzato alternarsi della preghiera e del silenzio e fondate sull’esigenza di una spiritualità autentica, interiormente esperita e, al contempo, condivisa.
Padre Puglisi stesso aveva scelto di condurre una vita dimessa, spoglia, non arida, non sterile, al contrario pregna d’amore e improntata a una povertà generosa, faticosamente e diligentemente abbracciata, una povertà voluta, ricercata, dignitosamente palesata e di cui quell’immagine di San Francesco che portava sempre con sé era la sua espressione esemplare.
Quando arrivò a Godrano, ci racconta Filippo Barbaccia, destò subito una certa curiosità, perché non indossava l’abito talare, era mingherlino, girava per le strade e, con grande naturalezza, salutava tutti, anche in dialetto.
Padre Puglisi era un sacerdote, certo, ma era anche un amico, sempre disposto ad aiutare e ad ascoltare gli altri, “a condividere un pezzo di pane, qualsiasi cosa”.
Era un uomo istruito, affabile e con la mente aperta, benché serio, garbato, in grado di conversare con facilità con chiunque e di qualsiasi argomento, era proprio come quella montagna,
La Rocca Busambra, che, solida e affidabile, veglia tacita sul paese, ma che col divenire delle stagioni pare, lieta, cambiare colore.
Padre Puglisi credeva fermamente nel valore della cultura, nella sua capacità edificante, nella sua propensione a farsi fondamentale strumento di cambiamento e liberazione. Ecco il perché della presenza di tutti quei libri, così diversi, riposti nelle cassette della frutta o in semplicissimi scaffali e a disposizione di tutti, di chiunque avesse voluto sfogliarli, dei bambini specialmente, perché sulla loro crescita e formazione rivolse tutto il suo tempo e le sue energie, e sulla loro affermazione e realizzazione umana e spirituale investì tutto quello che possedeva e che nel profondo lo animava.
Quei bambini, alcuni dei quali erano suoi alunni, li seguiva a scuola, durante le ore di religione, ma anche dopo, tutte le volte che poteva, accostandoli con lena allo studio e preparandoli alla vita, appoggiandoli e spingendoli ad affrontarne le sfide, a coglierne le opportunità, a osservarne e a leggerne i cambiamenti, per riuscire, a dispetto di ogni incertezza, a guardarsi dentro e a crescere, ad abbandonarsi, ognuno sulle ali dei propri talenti e sotto la spinta dei propri sogni, al suo dolce fruscio. Cosa avrebbero fatto, una volta adulti, non aveva importanza, ciò che più contava per lui era che si appigliassero con coraggio alle redini della propria immaginazione e che rivestissero i panni, a misura imbastiti, della propria vocazione.

La stessa attenzione padre Puglisi la riservò ai ragazzi più grandi. Ce ne dà conferma Antonino Di Carlo, che Padre Puglisi aiutò a studiare e a ottenere la terza media e che ce ne parla come di una persona determinata, che non si risparmiava, sempre pronta a sostenerlo, a incoraggiarlo, a farlo sorridere con qualche battuta divertente o raccontando una barzelletta, e tutto questo lo faceva nonostante la stanchezza, magari dopo una giornata impegnativa, tornando da Palermo, lo faceva con passione e “quando una cosa si fa con passione, non è mai pesante”.
Padre Puglisi era una figura importante, sempre presente e, talvolta, ci dice Giusi Cannella, coadiuvante quelle genitoriali.
Era un grande pedagogo, un consigliere saggio e avveduto, una guida autorevole e un allegro compagno di avventure, “un maestro di vita, non soltanto di nozioni”.
E lo dimostrava non solo con le parole, ma anche e soprattutto con i fatti, accompagnando i suoi ragazzi oltre i sentieri impervi della chiusura e dei limiti, aprendoli al nuovo, alla possibilità della scoperta e del viaggio, della conoscenza di quel Cristo di cui lui per primo era tanto innamorato, un Cristo padre, amico, che non giudica, non punisce, che ti tende la mano, che, di chi lo scorge, tocca e riscalda il cuore.

Padre Puglisi si entusiasmava quando qualcuno dei suoi ragazzi raggiungeva qualche obiettivo o si dimostrava capace di fare piccole e grandi scelte, si preoccupava, invece, se tutto ciò non accadeva, se paure e incomprensioni avevano il sopravvento, se le sue speranze non trovavano la strada per divenire realtà quotidiana, parte fondante del loro modo di pensare e di agire, di vivere in modo sano, e liberamente, la propria individualità.
Per padre Puglisi era fondamentale che i bambini, come pure gli adolescenti, facessero esperienza nel mondo e allora li portava fuori, tra i boschi, in montagna, con la luna piena, per avvalersi del suo bagliore più intenso e arrivare in cima all’alba, per poter ammirare e sorprendere il paesaggio circostante nel pieno del suo destarsi, per imparare ad amare quella natura che lui conosceva bene e nella cui bellezza sempre sapeva riconoscere il tenero capolavoro di Dio.
Le passeggiate nei boschi, le escursioni in montagna, le gite fuori porta, le esperienze di vita comunitaria, al mare per esempio, a Selinunte, o a Motta D’Affermo, non erano solo una straordinaria occasione di divertimento, ma un modo per stare insieme e sperimentare il valore dell’amicizia, che bisognava coltivare,
ricorda Enza Barbaccia, senza porre limiti, attraverso il confronto con gli altri, con persone sempre diverse, per imparare a condividere risate e fatiche, punti di forza e difficoltà, per comprendere, come padre Puglisi stesso ripeteva, che “si cresce stando insieme nella diversità”.
Tanti furono i giovani che padre Puglisi portò a Godrano, dai paesi vicini o da Palermo, tra cui i ragazzi del Movimento, allora denominato, “Crociata del Vangelo”, invitandoli la domenica e nei periodi festivi o, ancora, durante la stagione estiva, e con i quali si trascorrevano momenti spensierati, di gioco, di vita quotidiana, ma, soprattutto, di preghiera, perché tutto questo, afferma Enza Di Grigoli, non avrebbe avuto il giusto nutrimento se vissuto al di fuori del rapporto con Gesù e con la sua parola.

Ma Padre Puglisi non mancò di coinvolgere anche gli adulti, guadagnando a mano a mano la loro fiducia e rendendoli partecipi delle attività della parrocchia, condividendo con loro, con le mamme specialmente, la gestione e la cura della chiesa e andando a trovare i papà nei luoghi di lavoro, nei campi o nei boschi, dove trascorrevano gran parte della giornata, per portare loro un po’ di conforto, il gradito sollievo della buona novella. Per lo stesso motivo, qualche volta, in particolare il 1° Maggio, padre Puglisi celebrava la messa tra i boschi, a Valle Maria solitamente, e la gente accorreva dai luoghi vicini e, assieme al resto della comunità, ringraziava Dio per i doni ricevuti.
Padre Puglisi introdusse, inoltre, avvalendosi del sostegno dei volontari del già citato Movimento “Crociata del Vangelo”, oggi “Presenza del Vangelo”, i cosiddetti cenacoli, momenti di aggregazione e di preghiera, talvolta motivo di riflessione e di riconciliazione, organizzati inizialmente nei periodi delle feste pasquali e natalizie, ma poi anche nel corso dell’intero anno, a casa delle famiglie, di solito dopo cena, per consentire agli uomini di essere presenti, durante i quali si leggeva e si commentava il vangelo, si incontrava e si accoglieva l’altro, il vicino di casa, come pure chi veniva da lontano.
Godrano negli anni’70 portava ancora i segni di una sanguinosa faida originatasi anni addietro tra alcune famiglie, ma Padre Puglisi col suo fare gentile e col suo sguardo lungimirante riuscì a raggiungere e a conquistare l’intero paese, compresa la comunità pentecostale, a portare amore e ricchezza in ogni casa, a eliminare con la sua integrità e con la chiarezza del vangelo ogni ombra di diffidenza e, allorquando, nel 1978, andò via, non smise mai di portare avanti e di dare forza alle sue idee, alle sue convinzioni, al suo modo, amorevolmente e divinamente ispirato, di affrontare il mondo e la vita. Continuò a farlo a Godrano, e a Palermo, e nonostante, il 15 settembre di ventisei anni fa, la mano delittuosa della mafia ne recise, con un colpo vigliacco e mortale, la vita, le sue azioni e il bene che ne scaturì si radicarono dietro la facciata corrosa di ogni vana resistenza e, ancora oggi, alla stregua di arbusti rigogliosi, rinvigoriscono ad ogni tocco d’acqua.
La figura e la vita di Padre Puglisi, ammonisce Saverio Di Marco, andrebbero ricordate sempre, ogni giorno, non solo una volta l’anno, e noi ci auguriamo che questo museo a lui dedicato e fortemente voluto da Padre Massimiliano Purpura, oltre che da tutti i godranesi, possa rappresentare per tutti noi uno sprone a non dimenticare, a raccoglierne e a preservarne l’eredità, a portarne l’esempio nel deserto arido dell’ignoranza e della violenza.
L’inaugurazione del Museo Beato Martire Padre Pino Puglisi si svolgerà il 3 settembre alle 16:30, alla presenza di Mons. Corrado Lorefice, Arcivescovo Metropolita di Palermo, presso la Parrocchia di Godrano Maria SS. Immacolata in piazza Giuseppe Puglisi Sacerdote.

Genny Ferro

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Si ringraziano per il fondamentale supporto e la preziosa testimonianza Padre Massimiliano Purpura, Lia Caldarella, Giusi Cannella, Filippo Barbaccia, Saverio Di Marco, Enza Barbaccia, Enza Di
Grigoli e Antonino Di Carlo. Ringraziamo, inoltre, per la gentile accoglienza l’Amministrazione Comunale, i fratelli Carlo e Francesco Fiorini e i godranesi tutti.

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