Strage di Ustica: un muro di gomma lungo 38 anni
Palermo. Il 27 giugno 1980 il DC9 I-Tigi Itavia, in volo da Bologna a Palermo, scomparve dai radar e precipitò nel Tirreno causando 81 morti. Negli anni si sono alternate ipotesi, depistaggi, sentenze di risarcimento ma nessun responsabile è stato condannato
Erano le ore 20.59 del 27 giugno 1980 quando il Dc-9 I-Tigi Itavia, in volo da Bologna a Palermo con il nominativo radio IH870, scomparve dagli schermi del radar del centro di controllo aereo di Roma.
L’aereo precipitò nel mar Tirreno, in acque internazionali, tra le isole di Ponza e Ustica. All’alba del 28 giugno vennero trovati i primi corpi delle 81 vittime (77 passeggeri, tra cui 11 bambini, e quattro membri dell’equipaggio). Si trattò di una delle peggiori sciagure aeree della storia d’Italia, una tragedia segnata da misteri, indagini lunghe decenni, sospetti e ipotesi mai confermate.
A distanza di 38 anni non c’è ancora una spiegazione unanime su come il velivolo cadde improvvisamente in mare: tra le ipotesi che si sono susseguite negli anni, alcune anche alimentate da depistaggi, ci sono quelle di un cedimento strutturale, di una bomba a bordo, di un missile terra-aria, di una collisione, di una battaglia aerea tra jet militari culminata con il velivolo civile colpito per errore da un missile.
Questa versione è stata sempre confutata dall’Aeronautica militare ma è al momento la più accreditata e sostenuta anche da alcune sentenze civili.
L’inchiesta è stata lunga e difficile.
Le autorità militari italiane, francesi e statunitensi hanno spesso negato informazioni e documenti. Diverse registrazioni radar sono sparite. In sostanza il processo su cause e autori della strage non si è mai tenuto perché l’istruttoria del giudice Priore, nel 1999, definì “ignoti gli autori della strage” e si concluse con un non luogo a procedere. La conclusione fu che le cause della sciagura erano “esterne” all’aereo escludendo dunque attentato, cedimenti strutturali e bomba a bordo. Ma a distanza di quasi 40 anni dalla strage non c’è nessuno condannato come responsabile.
L’immane tragedia di Ustica, il 27 giugno 1980, ha impresso un segno indelebile nella memoria della Repubblica, con le tante vite spezzate dei passeggeri e dell’equipaggio in quel volo di linea Bologna-Palermo, profonda ferita inferta alla coscienza civile del nostro Paese. In questo giorno di memoria desidero esprimere la mia vicinanza ai familiari delle vittime innocenti e far sentire loro la solidarietà che, oggi come 38 anni or sono, il Paese intende testimoniare”.
A 38 anni dall’incidente aereo il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ricorda la tragedia di Ustica: per il Capo dello Stato sono “grandi le sofferenze, materiali e morali, che hanno dovuto sopportare. La loro tenacia e la loro incessante ricerca della verità hanno sollecitato passi significativi per ricostruire le circostanze e le responsabilità di quella strage che ancora pretende una conclusiva, univoca ricostruzione. Mi auguro che si riesca ancora a procedere nel cammino di verità, favorendo anche la collaborazione di istituzioni di Paesi alleati e amici, con i quali condividiamo i valori più profondi di umanità e di civiltà”.
Un ricordo tenuto alto anche dal presidente della Camera Roberto Fico: “La legittima aspettativa di vedere finalmente restituita la verità su questa pagina drammatica della nostra storia, frustrata da depistaggi, complotti e silenzi anche da parte di alcuni settori deviati dell’apparato statale – dice Fico – non può essere ulteriormente disattesa”. La Camera ha declassificato “documenti segreti e riservati”: “È indispensabile – prosegue Fico – che le istituzioni continuino a impegnarsi, anche e soprattutto sul piano dei rapporti internazionali, per fornire le risposte che ancora si attendono”.
“L’assenza di una verità giudiziaria certa sulla strage di Ustica, se non quella che pezzi dello Stato furono attivi nel nascondere la verità dei fatti e quella storica – aggiunge il sindaco di Palermo Leoluca Orlando – è una macchia nella storia italiana. Una macchia solo in parte sbiadita dal lavoro certosino ed encomiabile fatto da alcuni magistrati e inquirenti, sempre sostenuti e incoraggiati dalle famiglie delle vittime”.