Lascari: un giovane Comune immerso nella natura
Lascari. Agrumi profumatissimi e verdi alberi d’ulivo addobbano a festa acquietanti sfondi celesti e si offrono generosi e traboccanti alla vista dei moderni viandanti, che, dalla stazione ferroviaria, si apprestano, inebriati, a raggiungere il giovane Comune di Lascari.
Sorto intorno al XVII sec. proprio per via della presenza in quei luoghi aviti di fertili e opulenti terreni che i contadini lavoravano, numerosi, per conto della famiglia Ventimiglia, il comune affonda le sue radici e riconosce la sua vera essenza e la sua indiscutibile specificità nel contatto con la natura che a tutt’oggi, come allora, lo nutre e l’avvinghia.
Ma sarebbe inappropriato affrontare il momento della fondazione del Comune vero e proprio senza prima ricordare, anche se solo brevemente, la storia del Casale di Santa Eufemia e delle sue nobili origini.
Sebbene, infatti, come dimostrato dal ritrovamento negli anni’ 60 di alcune necropoli risalenti al periodo della dominazione araba, la zona era evidentemente frequentata già in epoca precedente, il casale, fondato tra il XIII e il XV sec. e di cui oggi non resta che una labile traccia, costituisce indubbiamente il sito primario in seno al quale la storia dei lascaresi ebbe inizio.
In origine il Casale di Santa Eufemia fu utilizzato prevalentemente da taluni sovrani aragonesi che usavano fermarvisi nei momenti di ristoro al ritorno dalla caccia. Tra questi illustri personaggi non possiamo non menzionare la Vicaria del Regno di Sicilia Eufemia D’Aragona, dal cui nome, in seguito alla scomparsa della stessa, nel lontano 1356, secondo la tradizione, esattamente in quella sede, deriverebbe, anche quello del casale, appunto, e della relativa e omonima chiesa.
Successivamente, a partire dal XVII sec., il casale, che non era l’unico, ma di certo il più importante, divenne il principale punto di riferimento per i contadini, che, provenienti dalla vicina Gratteri, per ovviare alle fatiche dell’odioso andirivieni quotidiano, si insediarono stabilmente nell’area circostante, di cui coltivavano i terreni, a quel tempo di proprietà dei Ventimiglia.
Nei primi anni del XVIII secolo, con l’aumentare della popolazione gratterese in quei territori, il Barone Gaetano Ventimiglia decise, però, di fare costruire nei pressi di un piccolo nucleo abitato non molto distante dall’antico casale, una nuova chiesa, l’odierna matrice, che, affiancata a una preesistente torre d’avvistamento, poi trasformata in torre campanaria, nel 1721 fu elevata, a sfavore della chiesa di Santa Eufemia, al rango di parrocchia.
Ed è da questa primigenia borgata, alla quale il barone diede il nome di Lascari, in onore di una sua discendenza dal ceppo dei Lascaris, imperatori di Costantinopoli, che prese vita e si sviluppò l’attuale comune. Non si conoscono le ragioni esatte di questa scelta, dovuta forse alla presenza nelle vicinanze di Santa Eufemia di un torrente che alla lunga con ogni probabilità ne avrebbe limitato fortemente l’espansione.
Della Chiesa Madre, dedicata inizialmente a San Francesco e in seguito a San Michele Arcangelo, non rimane quasi nulla a causa dei lavori di ristrutturazione che, nel 1950, ne rimossero le ultime e preziose tracce. Ciò nondimeno al suo interno è possibile trovare alcune rilevanti opere, tra cui, solo per fare un esempio, un elegante fonte battesimale e due deliziose acquasantiere in pietra lumachella, di autore sconosciuto e risalenti al XVII sec., che ci consentono per nostra grande fortuna di fare ammenda e di riabbracciare la storia e le tradizioni del comune.
Ma l’opera che più merita la nostra considerazione è la mirabile e commovente scultura lignea del Cristo Crocifisso che ogni anno la prima domenica di luglio viene adorato e portato in processione dall’intera comunità.
Del Crocifisso ligneo, riconducibile alla fine del XVII sec. e abilmente realizzato da un artista ignoto, ci parla con enfasi e con amore quasi filiale Carmelo Piazza, uno scultore e restauratore di statue sacre con cui ci siamo a lungo intrattenuti e di cui abbiamo apprezzato i variegati e accurati lavori.
Il pregevole lavoro di Carmelo non si limita, infatti, alla realizzazione o al restauro dei soli arredi sacri, ma può riguardare i più svariati oggetti, anche d’uso quotidiano, compresi quelli appartenenti all’inafferrabile e immaginifico mondo del teatro. Carmelo ci racconta con un po’ di mal celata nostalgia di avere fatto parte di quel peculiare mondo sia in qualità di scenografo sia nei panni dell’attore e per mezzo di quello di avere sempre cercato di meglio comprendere e valorizzare le incantevoli suggestioni e i più atavici sentimenti della nostra amata isola.
Ma Lascari è molto più di questo, Lascari lascia il segno.
Lascari è bella e appesa, con un piede ben radicato nel passato e uno semplicemente libero, propenso a muoversi nei meandri dell’ignoto, del nuovo, di tutto ciò che oggi non rinunciamo a marchiare con l’etichetta della contemporaneità. A Lascari questa voglia di emancipazione si avverte moderata e distinta, sempre rispettosa delle altrui coscienze e delle passate vite e verità. Tradizione e modernità si compenetrano e si completano vicendevolmente, estrinsecandosi con tutta la loro forza nelle innumerevoli iniziative culturali e non, che gli abitanti e le associazioni locali pongono regolarmente in essere.
Un esempio palese di questa interessante politica del rigoroso ossequio nei confronti del passato attraverso le sofisticate e complesse possibilità del futuro è principalmente rappresentato dal MuVi Lascari, un museo virtuale creato con grande impegno ed entusiasmo dai membri dell’Associazione di Promozione Sociale “Il Girasole” che, avendo compreso l’importanza della fotografia, oltre che come potente mezzo di espressione artistica e strumento influente di comunicazione, come fondamentale rimedio contro la naturale erosione della memoria di un popolo, hanno chiesto a tutti i lascaresi di mettere a disposizione del museo tutte le immagini in loro possesso rappresentanti monumenti o attività appartenenti alla storia del comune e in certuni casi non più esistenti.
Parlando del MuVi Lascari abbiamo accennato all’aspetto prettamente utilitaristico dell’arte, ma non abbiamo affrontato la questione della sua prorompente forza creatrice e unificante, argomento a noi molto caro e che intendiamo approfondire proponendovi il resoconto delle inclinazioni e convinzioni artistiche del professore Salvatore Maniscalco, autore di affascinanti disegni popolati da essenziali e monocromatiche figure umane, e raramente anche animali, dagli occhi sovente serrati e dalle smorfie labiali, a nostro personale avviso riconducibili all’opera del livornese Modigliani, che non possono non farci riflettere sulla natura dei nostri rapporti con la realtà circostanziale, come pure con quella più decisamente interiore e altrettanto immanente.
Il professore ci spiega che allorquando il fruitore dell’opera d’arte, facendosi forte della propria sensibilità, entra in empatia con l’opera medesima, egli annulla tutto ciò che era stato fino a quel momento per abbandonarsi alla vera essenza di questa e di tutte le cose, a una sorta di entità superiore, se così possiamo definirla, che trascende la materia e accomuna tutto il creato. È in questo momento che l’uomo impara qualcosa, impara a riconoscere se stesso e attribuisce all’opera d’arte un significato inedito che è il frutto del proprio e personale percorso di ricerca e di quello dell’artista.
In conclusione vogliamo parlarvi di Roberto Di Marco, un pastore che ha ereditato il mestiere dal padre e che ancora oggi, oramai per pochi amici e familiari, produce in maniera del tutto artigianale la ricotta e alcuni formaggi di una prelibatezza indescrivibile. Roberto ci mostra con estrema pazienza e precisione le varie fasi del suo lavoro e ci dice che, malgrado quello che si possa pensare, non è affatto un mestiere alienante e solitario, ma, al contrario, è gratificante perché costellato di piacevoli e frequenti attimi di genuina convivialità.
Ed eccoci con Roberto di nuovo al punto di partenza, alla natura e al legame stretto e intimo che nel tempo ha instaurato con l’uomo, un legame che i lascaresi sentono ancora intatto e in virtù del quale dirigono le proprie azioni in quella località che tra mare e terra ancora stretta respira e si accende alla sera dei colori più intensi.
Si ringraziano per la gentile disponibilità Carmelo Piazza, Salvatore Ilardo dell’Associazione di Promozione Sociale “Il Girasole”, Salvatore Maniscalco e Roberto Di Marco.
Fotografie di Genny Ferro e Chris Catanese.
Genny Ferro